Scoperta via nata dalle cellule di Purkjnie e suo controllo di aree del cervello

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 11 novembre 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La ricerca continua a fornire nuove acquisizioni sul cervelletto, che ne fanno l’argomento neuroscientifico privilegiato negli ultimi mesi. Lo scorso anno abbiamo recensito uno studio fMRI di Matthias Fastenrath e colleghi, che hanno rilevato e dimostrato un ruolo del cervelletto nel rinforzo delle memorie emozionali umane. Con ogni probabilità la nuova via di connessione individuata da Christopher H. Chen e colleghi, che origina dagli assoni delle cellule di Purkjnie e senza passare per i nuclei dell’output cerebellare raggiunge il proencefalo, controlla particolarmente le emozioni, con altre funzioni mediate dall’amigdala e dal setto.

Come abbiamo ricordato nella recensione di uno studio su interneuroni cerebellari che controllano il consolidamento mnemonico[1], la nostra società scientifica è impegnata fin dalla sua fondazione[2] a promuovere la conoscenza dei risultati della ricerca sul cervelletto e, presentando e interpretando le nuove acquisizioni, ha precorso i tempi nel superamento della concezione classica di struttura esclusivamente dedicata alla regolazione e al controllo posturale e del movimento. Lo studio dei numerosi processi psichici cui prendono parte i sistemi neuronici cerebellari ha contribuito al più generale cambiamento di impostazione e prospettiva della neurofisiologia degli ultimi due decenni.

Una delle ragioni della resistenza dei neurologi clinici a recepire alcune delle nuove acquisizioni di neurofisiologia del cervelletto, e particolarmente quelle relative alla partecipazione a processi psichici, è dovuta al rilievo di lesioni anche estese del cervelletto che apparentemente non causano sintomi. Un effetto incostante delle lesioni, ma che non viene quasi mai indagato clinicamente, consiste nella perdita dei registri intermedi del giudizio percettivo: facilmente il paziente giudica qualcosa “ottimo” o “pessimo”, raramente contemplando vie di mezzo. Si ritiene che il cervelletto contribuisca alla modulazione del giudizio lungo uno spettro di requisiti apprezzati analiticamente. Si è ipotizzato che un simile ruolo di regolazione, calibrando in maniera fine l’intensità di risposta, il cervelletto possa averlo sull’espressione delle emozioni.

Christopher H. Chen e colleghi hanno individuato una via nervosa costituita dagli assoni delle cellule di Purkinje dirette ad aree del proencefalo, fra cui amigdala, setto e proencefalo basale, che potrebbero regolare emozioni, affettività e ansia.

(Martin-Fernandez M., et al., A Purkinje cell to parabrachial nucleus pathway enables broad cerebellar influence over the forebrain. Nature Neuroscience 26, 1929-1941, 2023).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neural and Behavioral Sciences, Pennsylvania State University College of Medicine, Hershey, PA (USA); Department of Neurobiology, Harvard Medical School, Boston, MA (USA); Division of Endocrinology, Diabetes and Metabolism, Department of Medicine, Beth Israel Deaconess Medical Center, Harvard Medical School, Boston, MA (USA); Stanley Center for Psychiatric Research, Broad Institute of Harvard and MIT, Cambridge, MA (USA); Department of Neurobiology, Harvard Medical School, Boston, MA (USA).

Come già abbiamo fatto in altri articoli recenti[3] proponiamo un richiamo all’anatomia del cervelletto, che qui si riprende per la parte relativa alla corteccia da una nostra recensione di tre anni fa[4].

Il cervelletto è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa cranica posteriore ed è presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo proporzionato a quello del cervello. Si presenta costituito da tre parti: una struttura mediana di minore dimensione denominata verme cerebellare, corrispondente al cervelletto primitivo presente anche nei più bassi vertebrati (paleocerebello), e due espansioni laterali dette emisferi cerebellari. È situato nella loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa sotto il cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso raggiunge un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente i cinque centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava parte del peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo in tre lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti secondo criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.

Il fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla struttura corticale cerebellare costituita da innumerevoli lamelle è stato superiore a quello dell’organizzazione in rami e ramoscelli diretti ai lobuli della sostanza bianca del centro midollare o tronco, cui diedero il suggestivo nome di albero della vita. Contrariamente a quanto creduto da alcuni studiosi contemporanei di storia della medicina, questa denominazione non trae affatto origine dall’erronea attribuzione al cervelletto di un ruolo vitale nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia morfologica con la tuia (Thuja, L. 1753), una pianta arborea sempreverde delle Cupressaceae che presenta, al posto di foglie larghe, verdi diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da minuscole scagliette foliacee[5]. A differenza del cervello, in cui la sostanza bianca ha un’enorme espansione indipendente con le sue strutture interemisferiche e il centro ovale di Vieussens, entrando solo perifericamente nella costituzione dei giri corticali, nel cervelletto l’aggregato pirenoforico corticale segue come un rivestimento tutte le diramazioni della sostanza bianca che, nell’aspetto morfologico macroscopico delle sezioni dell’organo, appare come un semplice complemento della preponderante struttura grigia.

La corteccia del cervelletto ha lo spessore di un millimetro o un millimetro e mezzo, e al taglio rivela due zone di aspetto differente: 1) uno strato esterno o superficiale di colore grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo dal colorito tendente al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato rugginoso.

L’esame microscopico della corteccia cerebellare consente di distinguere uno strato esterno o molecolare, che costituisce circa la metà dell’intera struttura e presenta abbondanza di fibre e scarsità di cellule, e uno strato interno o granuloso caratterizzato da numerosissime cellule.

Fra queste due lamine di tessuto grigio si interpone uno strato intermedio o zona mediana, sottile ma caratterizzata da una fila di neuroni esclusivi del cervelletto e dalla morfologia inconfondibile: le cellule di Purkinje.

Le cellule di Purkinje sono disposte a formare una fila abbastanza regolare, anche se a tratti si notano lievi irregolarità, perché alcuni di questi neuroni inibitori GABAergici sono dislocati verso la superficie esterna della corteccia, non in linea con la maggioranza, tanto da meritarsi il nome di “cellule spostate”, con il quale erano state descritte da Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje sono piriformi, con l’asse maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore ai 25-30 micron, e presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie esterna della corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide presto in grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una morfologia che ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni secondarie e terziarie, che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a ventaglio si risolve in una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire fino alla superficie piale”[6], secondo la descrizione classica. Sui rami si possono osservare le numerosissime spine dendritiche, che in questi neuroni sono state accuratamente studiate nell’ultrastruttura al microscopio elettronico. È interessante la disposizione della fitta arborizzazione dendritica delle cellule di Purkinje, che Obersteiner paragonò a una pianta di vivaio fatta sviluppare intorno a un “sostegno a spalliera”, da cui la denominazione di spalliera dendritica che si adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta su un piano ortogonale rispetto a quello principale della lamella della corteccia del cervelletto, per cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si espande per traverso alla lamella”[7].

Dal polo opposto o interno della cellula di Purkinje origina il neurite che diventa cilindrasse, ossia assone rivestito di mielina[8], presentando la caratteristica di un diametro inferiore a quello del tronco dendritico, all’opposto di quanto accade per la maggior parte dei neuroni. Dopo un tratto più o meno breve, l’assone emette rami collaterali, alcuni dei quali terminano nello strato granuloso mentre altri risalgono come collaterali retrogradi fino al molecolare dove assumono decorso orizzontale e terminano circondando con una terminazione anulare il tronco dendritico della stessa cellula, di un’altra o di numerose altre cellule di Purkinje, realizzando un controllo inibitorio retrogrado dell’input che arriva dalle sinapsi formate dalle spine della spalliera dendritica con i neuriti dei neuroni che compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver emesso i collaterali, proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la miriade di altri cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove costituisce la connessione diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la via cortico-nucleare cerebellare.

Christopher H. Chen e colleghi hanno rilevato che, sopprimendo l’attivazione delle cellule di Purkinje del cervelletto (PC), si ha una rapida eccitazione delle aree proencefaliche che contribuiscono alla regolazione del comportamento istintivo ed emotivo dell’animale, equivalenti a quelle che nella nostra specie intervengono nella fisiologia dell’affettività e nella fisiopatologia dell’ansia, ossia nuclei del proencefalo basale, dell’amigdala e del setto. È importante notare che l’output cerebellare noto, ossia quello emesso dai nuclei cerebellari profondi, non è condotto a questi nuclei da alcuna fibra.

L’osservazione sperimentale ha dimostrato che le cellule di Purkinje inibiscono direttamente i neuroni del nucleo parabrachiale (PBN) che proiettano a numerose regioni proencefaliche. La soppressione di questa via PC – PBN influenza molte regioni. La realizzazione dei profili molecolari ha dimostrato che le cellule PC direttamente inibiscono numerosi tipi di neuroni PBN che controllano vari e differenti comportamenti non associati al controllo motorio.

Queste evidenze dimostrano che la via PC – PBN consente al cervelletto di regolare direttamente l’attività del proencefalo, e suggeriscono che dovrebbe essere indagata in tutti i casi di patologia cerebellare causati da danni del verme posteriore.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-11 novembre 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 16-09-23 Interneuroni del cervelletto controllano il consolidamento mnemonico.

[2] In realtà, come si evince dall’intervista del 2003 al nostro presidente, i soci più anziani erano al corrente da decenni delle nuove acquisizioni sul cervelletto. Scorrendo l’elenco delle “Note e Notizie” dall’inizio agli anni recenti, si trovano decine di interessanti recensioni di studi su nuovi ruoli neurofunzionali del cervelletto.

[3] Note e Notizie 30-09-23 Cervelletto in anatomia e filogenesi in 56 specie di mammiferi; Note e Notizie 16-09-23 Interneuroni del cervelletto controllano il consolidamento mnemonico.

[4] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia del cervelletto umano è sorprendente.

[5] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone, Alaska e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor vitae; come vuole la legge linguistica del “conservatorismo della periferia”, in America si è mantenuta la forma latina abbandonata in Europa ed è ancora chiamata arborvitae. L’origine della denominazione della sostanza bianca cerebellare è riportata nel Trattato di Anatomia Umana di Testut e Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974 e seguenti ristampe), nel quale la translitterazione dal greco è resa con thuya.

[6] Testut e Latarjet, op. cit., vol. III, p. 242.

[7] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.

[8] Ricordiamo che fu Purkinje, lo scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.